Siamo tutti in trepida attesa di riprendere le nostre attività a pieno regime, quelle “vitali” in primis tra cui il primato spetta a quelle economiche.
Nei giorni sebbene in alcuni contesti del nord come ad esempio l’ALTO ADIGE i negozi abbiano già ri-alzato le loro saracinesche – la maggior parte degli italiani si è rimessa al lavoro per mettere in sicurezza le loro attività commerciali, tra plexiglas, termometri e presidi sanitari vari per la riapertura prossima.
L’entusiasmo è corale ed abbraccia sia i commercianti, desiderosi di tornare a fare cassa, sia gli acquirenti che come non mai necessitano di quei beni che se pur non indispensabili per la sopravvivenza sono comunque…indispensabili per la vita…
Siamo, però, assolutamente certi che tutto procederà al meglio, come copione o meglio protocollo o ancora previsione?
Francamente noi non ci sentiamo di rispondere con un secco SI’.
Il paese Italia è entrato nel buco nero della coronavirus -pandemia già con un precario stato di salute (economica), lo ha attraversato, sopravvivendo grazie a quel pochissimo ossigeno che gli è stato concesso di respirare (ben poco rimanendo fermo in casa o uscendo per muoversi entro un raggio ristretto e maschera munito), per uscirne – adesso – svilito e fiacco.
Economicamente sviliti e fiacchi, gli italiani – molti di loro – non avranno la forza di rimettersi in gioco riaccendendo il motore della loro attività, quale che sia, poiché lo sforzo che è richiesto è ben oltre le loro rimaste energie.
E quali prospettive hanno, del resto?
Molte le attività che pur essendo in grado di rimettersi in pista a regola d’arte (o di protocollo) sanno già che il prezzo pagato e da pagare sarà molto alto e forse andrà ben oltre i vantaggi ottenuti, almeno nel breve termine.
Si parla di una riduzione dei fatturati medi, che nel settore della ristorazione potrebbero arrivare al 30%.
Un duro colpo, per chi adesso non ha bisogno di altro se non sano lavoro remunerativo.
Non dobbiamo stupirci, dunque, se la nostre città non riacquisteranno le medesime ridenti “facce” con cui le ricordiamo (e non solo per colpa della mascherine).
Se molti negozi rimarranno tristemente closed.
Se i temporary shops saranno definitivamente chiusi.
Così è la vita.
In natura non vi è dinamica che non illustri come a sopravvivere è sempre e solo il più forte.
Accettiamolo, dunque.
Ma che tutto questo ci serva a riflettere.
Si chiama resilienza, la capacità di rinascere dopo la più tremenda della sciagure.
Un’attitudine che dovremmo imparare a coltivare, gettando lo sguardo, con spirito propositivamente positivo, ben oltre l’ostacolo o puntando lo sguardo “illuminato” diritto alla luna, smettendo di limitarci a guardare il dito che la indichi.
Nessun uomo è un’isola e tutti possiamo fare la differenza; basta crederci fortemente.
ASSOLUTAMENTE VIETATO ARRENDERSI.
Italia, avanti tutta!