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Le conseguenze del conflitto in Ucraina sulla sicurezza alimentare

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ROMA – La guerra in Ucraina sta avendo un impatto significativo sull’economia globale, data l’importanza sia della Russia che dell’Ucraina come fonti di petrolio greggio e gas, materie prime e cereali, con ampie ripercussioni su scala globale che stanno incidendo negativamente anche sulle economie africane, in particolare quelle che dipendono fortemente da cereali, fertilizzanti e importazioni di carburante. C’è grande preoccupazione, in particolare, per l’aumento dei prezzi alimentari nella vendita al dettaglio che sta penalizzando vasti settori della popolazione di quei Paesi che dipendono fortemente da cereali, fertilizzanti e importazioni di carburante.

Gli ultimi eventi legati al conflitto hanno infatti determinato un’impennata dei prezzi dei cereali e dell’olio, cosa che potrebbe determinare una situazione di insicurezza alimentare soprattutto in alcuni Paesi, specie quelli del Corno d’Africa, già afflitti da una devastante carestia dovuta alla siccità. Secondo quanto emerso dai dati pubblicati a inizio aprile dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), l’Indice alimentare dei prezzi ha raggiunto a marzo il livello più alto di sempre con una media di 159.3 punti, in aumento del 12,6 per cento rispetto a febbraio e del 33,6 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno, come riflesso della guerra in corso in Ucraina.

In particolare, l’Indice Fao dei prezzi dei cereali è stato del 17,1 per cento più alto a marzo rispetto a febbraio, trainato dai forti aumenti dei prezzi del grano e di tutti i cereali grezzi, in gran parte a causa della guerra in Ucraina: ciò risulta abbastanza scontato se si considera che la Federazione Russa e l’Ucraina, insieme, hanno coperto rispettivamente circa il 30 per cento e il 20 per cento delle esportazioni globali di grano e mais negli ultimi tre anni. Con ogni probabilità sarà l’Africa a subire le conseguenze più pesanti del conflitto in Ucraina dal punto di vista alimentare. Secondo i dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), il continente ha infatti importato grano da Russia e Ucraina per un valore di 5,1 miliardi di dollari tra il 2018 e il 2020, con la Russia che si conferma come il principale esportatore di grano in Africa e l’Ucraina che si piazza al quinto posto.

In particolare, almeno 25 paesi africani importano un terzo del loro grano da Russia e Ucraina, mentre 15 di loro ne importano più della metà. I principali Paesi importatori sono stati l’Egitto (che rappresenta quasi la metà delle importazioni), seguito da Sudan, Nigeria, Tanzania, Algeria, Kenya e Sudafrica. Secondo quanto dichiarato ad “Agenzia Nova” da Umberto Dacrema, analista economico del Programma alimentare mondiale (Pam), il problema si presenta innanzitutto per quei Paesi che normalmente importano direttamente dal Mar Nero. “Tra questi ci sono sicuramente i Paesi nordafricani come Egitto (che è il più grande importatore del mondo), Tunisia, Libia e Marocco. Tali Paesi stanno vedendo già i prezzi salire notevolmente sia per le difficoltà a garantire le importazioni di prodotti alimentari sia per la congiuntura con il mese di Ramadan, che di solito corrisponde a un picco per la domanda di tali prodotti. Nell’Africa sub-sahariana i Paesi direttamente importatori dal Mar Nero sono pochi, ma presenti. Tra questi i principali sono Tanzania, Sudan, Nigeria, Eritrea, e Kenya”, ha affermato.

A ciò si aggiungono le preoccupazioni per la siccità già in atto in alcune regioni del continente, mentre l’interruzione delle spedizioni di merci sta determinando un’impennata dei prezzi alimentari nella vendita al dettaglio, penalizzando vasti settori della popolazione africana: è il caso, ad esempio, del Ghana, dove il tasso di inflazione è salito al livello più alto in quasi un decennio, aumentando dal 15 per cento di febbraio al 19,4 per cento di marzo, e superando di gran lunga l’obiettivo fissato dalla Banca centrale di mantenere il tasso tra il 6 e il 10 per cento. In tal senso, il governo ha anche annunciato un pacchetto di tagli alla spesa per cercare di ridurre il deficit di bilancio e sostenere la valuta locale. Ma a pagare le conseguenze tra i Paesi africani sarà soprattutto l’Egitto, seconda economia africana e tra i primissimi acquirenti al mondo (insieme alla Turchia) di grano e cereali nel 2021. Con un’alimentazione basata prevalentemente sull’alto consumo di cereali e una popolazione che ormai ha superato 100 milioni di abitanti, il Paese importa circa l’80 per cento del suo grano da Russia e Ucraina e il 73 per cento dell’olio girasole. Dall’invasione russa dell’Ucraina, gli importatori di grano in Egitto hanno di conseguenza dovuto affrontare prezzi record, complicazioni di pagamento dovute alle sanzioni contro Mosca e interruzioni delle spedizioni di grano provenienti dal Mar Nero, in particolare dall’Ucraina.

Sebbene le sanzioni contro la Russia escludano i prodotti alimentari, i commercianti affermano che le banche sono riluttanti a finanziare le importazioni di grano dalla Russia. Nonostante questa situazione, l’Egitto ha comunque importato grano dalla Russia nel mese di marzo per un totale di 479.195, il 24 per cento in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Le importazioni di grano ucraino si sono invece attestate a 124.500 tonnellate, in calo del 42 per cento su base annua. L’industria molitoria egiziana è basata sostanzialmente sul grano russo e ucraino, pertanto Il Cairo sta cercando comunque di acquistare dalla Russia finché ciò sarà possibile, ma allo stesso tempo le autorità e gli importatori privati stanno lavorando per diversificare le importazioni e acquistare grano da Francia, Brasile, Lituania e Bulgaria, e starebbero contrattando anche una spedizione dalla Germania, secondo quanto riportano i media egiziani.

In stretta connessione con le conseguenze commerciali che essa comporta, la crisi in Ucraina avrà gravi effetti anche dal punto di vista umanitario, che si faranno sentire in particolar modo nel continente africano. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dalla Fao, 282 milioni di persone nel continente – ovvero oltre un quinto della popolazione – non hanno cibo a sufficienza, con un aumento di 46 milioni rispetto al 2019. Inoltre, come denunciato all’inizio di aprile dal Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), l’aumento dei prezzi di cibo e carburante dovuto al conflitto in Ucraina – unito ai numerosi conflitti già esistenti nel continente, alla siccità e ai cambiamenti climatici – stanno spingendo 346 milioni di persone in Africa (circa un quarto degli abitanti del continente) verso la fame: si tratta della cifra più alta dal 2017, in netto aumento rispetto all’anno scorso, quando era di 286 milioni. Inoltre, come rivela un’analisi dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) pubblicata a marzo, il numero di persone colpite da una crisi alimentare e nutrizionale in Africa occidentale e centrale dovrebbe raggiungere un nuovo record nel giugno 2022, quadruplicando in soli tre anni da 10,7 milioni nel 2019 a 41 milioni nel 2022, a meno che non vengano prese urgentemente misure adeguate. Inoltre, il conflitto in corso in Ucraina sta sconvolgendo violentemente il commercio mondiale di cibo, fertilizzanti e prodotti petroliferi, con i già alti prezzi dei prodotti agricoli che hanno raggiunto livelli record che non si vedevano nella regione dal 2011.

Mentre l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base è stato costante in tutti i Paesi della regione – afferma l’Ipc – in Liberia, Sierra Leone, Nigeria, Burkina Faso, Togo, Niger, Mali e Mauritania si è assistito a uno sbalorditivo balzo del 40 per cento rispetto alla media degli ultimi cinque anni, spingendo di fatto i pasti di base fuori dalla portata di milioni di donne, uomini e bambini. Non va meglio la situazione in Africa orientale, dove già prima del conflitto in Ucraina i prezzi dei generi alimentari erano aumentati da molti mesi nelle aree colpite dalla siccità, e si stima che più di 20 milioni di persone in Etiopia, Kenya e Somalia abbiano urgente bisogno di cibo e acqua a causa della scarsità di piogge, che ha determinato a sua volta il fallimento di milioni di raccolti e una moria di bestiame quasi senza precedenti. La crisi in Ucraina comporterà ora l’interruzione delle catene di approvvigionamento e prezzi ancora più elevati, il che potrebbero avere conseguenze di vasta portata e di lunga durata per gli abitanti della regione, molti dei quali sono già afflitti da grave insicurezza alimentare.

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