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HO CALDO. METTO IL CAPPOTTO

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Avete letto bene, la soluzione ottimale per combattere il caldo è un cappotto.

Fermi! Non correte nell’armadio a tirar fuori il piumino da neve o il giubbotto pesante, ultimo acquisto delle scorse vacanze di Natale; il cappotto a cui ci stiamo riferendo non deve essere indossato, ma “applicato”.

Sì, perché si tratta del cosiddetto “cappotto termico”, che – manuali di progettazione insegnano – deve essere applicato sulla parete o meglio sulla “chiusura opaca dell’edificio” che, nel linguaggio degli addetti ai lavori, viene definito “involucro termico”.

Dunque, ricapitoliamo: se abbiamo caldo all’interno dei nostri edifici, dobbiamo applicare sulle loro pareti il cappotto termico.

Di cosa si tratta.

Il cappotto termico altro non è che un pannello (nel 99% dei casi) costituito da materiale isolante, avente un bassissimo valore di conduttività termica, che viene applicato sulla parete interessata (parete disperdente) o su tutte (involucro termico disperdente).

La funzione del cappotto è semplice: evitare che si verifichino passaggi di calore da un punto avente una temperatura più alta verso un altro punto in cui la temperatura sia più fredda. La fisica insegna che i passaggi di calore, definiti “trasmissioni di calore”, avvengono in modo del tutto naturale e secondo modalità diverse (trasmissione, contatto, irraggiamento, convezione), ma comunque sempre da un corpo più caldo ad uno più freddo con la conseguenza che si raffredda il primo, riscaldandosi l’altro.

Stando così le cose, è intuitiva la comprensione della funzione del cappotto termico: evitare che si “inneschi” il flusso termico in questione. Quindi in inverno il cappotto impedisce che il calore interno all’ambiente, ottenuto mediante impianto termico (per lo più, ma anche le attività antropiche possono fornire un buon contributo) si disperda verso l’esterno, mentre in estate si “adopera” per evitare che il calore che colpisce la parete esterna all’edificio raggiunga il sui interno, contribuendo considerevolmente all’efficientamento di un eventuale impianto di raffrescamento, se presente.

E’ chiaro dunque come il cappotto termico, differentemente dalle popolari credenze, spesso fuorviate dal suo stesso nome “cappotto” ha un ruolo pariteticamente importante nella stagione invernale ed in quella estiva.

Ne deriva che, se all’interno delle vostre abitazioni soffrite troppo freddo in inverno o patite un caldo esagerato in estate ed avete pensato di risolvere ricorrendo all’impiantista di fiducia, per modificare “qualcosa” nell’impianto termico, sappiate che avete preso la decisione sbagliata. La strada da percorrere, invece, sarà quella di recarvi da un progettista bravo e farvi fare una diagnosi energetica dell’involucro edilizio dalla quale verranno in luce i suoi punti termicamente più deboli, che dovranno essere chiusi mediante la posa in opera del cappotto termico. Dimensioni, materiale, modalità applicative sarà il tecnico a stabilirle con calcolo puntuale.

Solo dopo che avete chiuso termicamente l’edificio, potete pensare – se necessario – all’impianto termico; il percorso contrario non è razionalmente pensabile ed energeticamente efficiente.

Sarebbe come voler alzare il livello dell’acqua contenuta all’interno di un secchio pieno di buchi, continuando a versarvi acqua anziché iniziare a chiudere qualche “falla”.

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