Esperimento. Moda. Tradizione. E’ così che da 10 anni il ristorante trendy è quello “animato”, cioè che appare dal nulla, nel giro di poco tempo, per poi sparire nuovamente.
Il ristorante appare in un luogo insolito, dove fino a poco prima c’era tutt’altro: una galleria d’arte, uno shop d’abbigliamento, uno studio di architettura, un giardino verde.
Rimane aperto per un periodo breve e non di rado si avvale di uno chef stellato che propone portate insolite, ricercate, rigorosamente tema, il tutto codito con ottima musica a ricreare un contesto tanto unico quanto evanescente, come la sua durata.
Il “pop up restaurant” nasce negli USA degli anni settanta e trova la sua massima espressione oltre-oceano in England, lanciato in alto dalla celeberrima figura di Jamie Olivier, chef e personaggio televisivo.
L’apparizione temporanea di un ristorante, sempre più spesso, diviene un evento di grande glamour, a cui oltre a chef pluri-decorati, molti divi di luminosa fama non vogliono rinunciare e postare la foto sui social è un must, soprattutto se la location scelta è la Costa Smeralda come il locale “Nobu” o il Giardino della Gherardesca del Four Season, siamo a Firenze, che ospita il “Magnolia” un gastro-bar asiatico firmato Haruo Ichikawa.
Il ristorante pop up viene “sfruttato” anche nel marketing per promuovere aziende che operano nel settore del food; la Carapelli in un ex-complesso industriale di MIlano, Mary & CO, ha aperto un ristorante temporaneo avvalendosi dell’esperienza dello chef Filippo Saporito.
La lista dei ristoranti “animati” sarebbe molto lunga e da aggiornare di ora in ora, tanto il fenomeno è dilagante.
Ricordiamo solo qualche luogo in cui sono in numero elevato: New York, Ibiza, Venezia, Roma, Los Angeles, Londra.
In una fase storica in cui stiamo diventando PLASTIC FREE, abolendo le stoviglie usa e getta, è paradossale che lo siano diventati i ristoranti.