Sono solo 9 le ricerche che, ad oggi, hanno misurato la quantità di microplastiche nell’acqua potabile.
Il risultato è stato che il numero di micro-particelle di materiale plastico presente nei campioni analizzati, sia acqua in bottiglia sia acqua di rubinetto, rientra in un range che va da 0 a 10.000/l.
Le microplastiche “da bere” sono di diversa composizione chimica, come ad esempio il polipropilene ed il polietilentereftalato, delle più svariate forme, possono essere frammenti, fibre, particelle sferiche ed avere dimensioni che vanno da 5mm a meno di 1 micrometro.
La maggior parte delle micro-plastiche è riconducibile alla composizione chimica dell’acqua, contaminata durante il suo ciclo di vita; non si esclude però che una buona parte di particelle di sintesi derivi dalle bottiglie in cui, il liquido, è contenuto e conservato: le famigerate “bottiglie di plastica”.
Il punto focale della questione è legato alla oro interazione con l’organismo umano, di cui ancora sono del tutto sconosciuti gli effetti a medio e lungo termine.
Quello che ben si sa è che le microplastiche di maggiori dimensioni (superiori a 150 micrometri) non vengono assorbite, ma espulse con la digestione.
Il destino di tutte le altre non è ancora chiaro.
Si ipotizza che possano arrecare diversi tipi di danni.
DANNI DI TIPO FISICO
L’accumulo di microplastiche potrebbe raggiungere organi vitali e, comunque, importanti e provocarne una alterazione nei loro equilibri omeostatici tale da generare patologie di varia natura.
DANNI DI TIPO CHIMICO
Le microplastiche potrebbero risultare tossiche, in particolari concentrazioni e dopo lunghe esposizioni, con gravi ripercussioni sulla nostra salute.
DANNI DI TIPO BIOLOGICO
Le microplastiche, infine, potrebbero essere veicolo di microorganismi patogeni con le conseguenze, in questo caso, assai note.
Vi è “urgente bisogno di sapere di più sul loro impatto sulla salute“, il commento di Maria Neira, direttore del Dipartimento di sanità pubblica e ambiente presso l’Oms.