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Come le anomalie climatiche influiscono sulle pandemie

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Uno studio spiega come il clima ha reso più letale la Prima Guerra Mondiale e, poi, l’influenza spagnola del 1918.

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Circa cent’anni prima della covid, un’altra pandemia sconvolse il pianeta: l’influenza spagnola, che tra il 1918 e il 1920 uccise milioni di persone, in un mondo già provato dalla Prima Guerra Mondiale. Ora il ghiaccio delle Alpi ci racconta che intervenne un fattore in più: un’anomalia climatica, iniziata nel 1914, che potrebbe aver aumentato la mortalità durante la guerra e poi nella pandemia.

IL GHIACCIO DEL ROSA. A ricostruirlo è stato il team guidato da Alexander More, di Harvard University, Climate Change Institute e Long Island University. «Abbiamo analizzato una carota di ghiaccio estratta a 4.450 m dal Colle Gnifetti, sul Monte Rosa, ai piedi della Capanna Margherita, il rifugio dedicato alla regina portata fin lassù per inaugurarlo. Io mi sono trasferito dall’Italia agli Stati Uniti, da solo, a 17 anni e mi ricordo di aver sentito da bambino la storia del rifugio e del ghiacciaio che poi ho studiato», ci racconta More. «Il ghiaccio ha rivelato che un’anomalia climatica di 6 anni precedette la Spagnola e continuò per la durata della pandemia».

DAI BOMBARDAMENTI ALLA PIOGGIA. La pandemia fu causata da un ceppo del virus dell’influenza A/H1N1 e secondo le stime uccise tra 20 e 100 milioni di persone. Secondo More, i fattori ambientali possono aver contribuito a renderla così letale. Dalle informazioni climatiche conservate nel ghiaccio (potete leggete il dossier di Focus 342, in edicola ora, dedicato a che cosa ci può raccontare il ghiaccio) – combinate con altri dati su clima, temperatura e mortalità del periodo in esame – gli scienziati hanno scoperto che anormali influssi di aria dal Nord Atlantico influenzarono il clima in Europa dal 1914 al 1919. L’aria dall’oceano portò freddo e pioggia.

«Le piogge torrenziali, descritte dalle cronache delle Prima Guerra Mondiale, furono probabilmente causate dal conflitto stesso: i bombardamenti elevarono polvere nell’atmosfera fornendo così i nuclei di condensazione attorno a cui le molecole d’acqua si aggregano fino a causare la pioggia», continua More. «Da una parte l’anomalia aumentò le vittime del conflitto: deteriorò le condizioni di salute dei soldati, con ipotermia e indebolimento del sistema immunitario».

UCCELLI “BLOCCATI” E TRINCEE ALLAGATE. Dall’altra, lo studio ipotizza che influì anche sui vettori animali del virus, come gli uccelli, in particolare i germani reali. «Disturbò le normali migrazioni», spiega More. A causa del cattivo tempo, probabilmente molti germani restarono in Europa occidentale durante gli autunni del 1917 e del 1918, invece di migrare verso la Russia, come confermato da recenti studi sull’impatto di queste anomalie sul movimento di queste specie. Rimasero cioè vicini alle popolazioni civili e ai militari, e questo potrebbe aver favorito il passaggio del virus H1N1 agli esseri umani, attraverso l’acqua contaminata dalle deiezioni.

«Non possiamo essere certi della via che l’influenza prese (non si sa dove ebbe origine, ndr), ma sappiamo che ci fu un’abbondanza di pioggia, con laghi e fiumi che straripavano e i soldati che guadavano le trincee colme d’acqua, probabilmente contaminata».

L’epidemia, emersa nel marzo 1918, si diffuse, ma in autunno si presentò l’ondata più devastante, quando anche i germani raggiungono livelli di infezione più alti. «Nello studio abbiamo notato un doppio picco sia della mortalità sia della pioggia nell’autunno 1918, dopo influssi di aria fredda dal Nord-Ovest» conclude More. Il clima dunque sarebbe stato un fattore in più in una situazione – quella della fase finale della guerra – già esplosiva.

(di Giovanna Camardo da focus.it)

 

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