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TIRANA. QUANDO CROLLA UN TEATRO E’ ATTENTATO ALLA STORIA DI UN POPOLO

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Nulla da fare.

Neppure il COVID-19 ha fermato la “fermezza” con cui il PREMIER ALBANESE EDI RAMA ha dato inizio alle operazioni di abbattimento del TEATRO NAZIONALE D’ALBANIA, edificio storico della capitale, TIRANA, ed emblema assoluto della STORIA del suo popolo, gli Albanesi.

Edificato negli anni trenta su progetto dell’italiano Giulio Bertè il TEATRO NAZIONALE DI TIRANA non era pericolante, motivazione addotta dal PRIMO MINISTRO per giustificarne la demolizione.

E di questo parere era l’intera comunità d’Albania, profondamente legata ad uno dei suoi simboli più sacri e per questo ritenuti inviolabili, che –paradossalmente – per disposizioni di colui che avrebbe dovuto salvaguardarne massimamente le sorti e magari ordinandone una qualche manutenzione ordinaria, è stato brutalmente “messo a terra”.

Quando crolla un siffatto simbolo che lega indissolubilmente un popolo alla sua terra, stabilendo un legame tanto radicato nella intima profondità delle sue anime, la reazione che genera è una “rivoluzione”, che dai cuori arriva nelle strade, manifestandosi in tutto il suo accorato dissenso.

Molte le personalità e tantissimi le persone comuni che hanno tentato di frapporsi allo scempio che – però – nella durata di un tonfo fragoroso si è consumato davanti ai loro occhi attoniti.

Nel 2018 il Governo di Edi Rama decise di accordarsi con dei privati per abbattere e ricostruire il teatro, che era stato giudicato a rischio crollo. Nel progetto pubblico-privato però era stata concessa la possibilità al privato di edificare almeno sei torri di edilizia residenziale nell’area di oltre 5mila metri quadrati di pertinenza del teatro, insomma un business mascherato da intervento a favore della cultura. All’epoca la sollevazione popolare del mondo della cultura fu tale che il progetto venne accantonato. Fino a qualche mese fa, quando Rama ha ribadito la volontà di dare agli albanesi un nuovo teatro nazionale, trasferendone la proprietà al Comune di Tirana…Il Teatro Nazionale dell’Albania è incluso nella lista dei 7 luoghi più in via di estinzione d’Europa, secondo quanto annunciato dall’Istituto Europeo per gli investimenti. Parliamo di uno straordinario esempio di architettura italiana moderna degli anni ’30 e di uno dei centri culturali più attivi del Paese”.

Le parole di un giornalista albanese, rilasciate durante una intervista alle IENE, che in un articolo continua così: “L’edificio deve essere demolito”, aveva dichiarato Rama, “l’Albania deve avere un teatro decente. Tutti gli argomenti sono stati esauriti. Ognuno ha il diritto di avere le proprie opinioni, ma alla fine la maggioranza decide”.Non è servita la durissima opposizione del Partito democratico, che contro Rama aveva usato parole di fuoco: “Nel bel mezzo della pandemia, quando gli albanesi sono rinchiusi nelle proprie case, il governo ha approvato un decreto criminale. Il primo ministro Rama passa l’area del Teatro Nazionale al sindaco Veliaj. E praticamente tratta il patrimonio culturale come un bottino di guerra. Ma l’edificio del Teatro rimarrà in piedi, non solo perché lì c’è l’anima di una Tirana sofferente, ma anche il cuore di una protesta lunga ed equa. Il teatro è la linea rossa. L’atto di guerra avrà la risposta meritata”.

Negli occhi e nei cuori di tutti le parole che il PREMIER RAMA ha pronunciato prima di lasciar partire l’equipe di medici ed infermieri destinazione ospedali italiani, in piena emergenza pandemica.

Nella guerra al CORONAVIRUS, RAMA si schierò con l’Italia e tutti lo applaudimmo, inchinandoci difronte a quell’uomo enorme, che mostrava un cuore grande.

Oggi, però, non ci sentiamo di allearci in una guerra contro la storia del suo popolo e del mondo intero.

Ci spiace.

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