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RAPPORTO UE. GLI ALLEVAMENTI ITALIANI COMPRANO TROPPI ANTIBIOTICI E GLI ANIMALI SI AMMALANO COMUNQUE

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E’ il risultato di una indagine conoscitiva condotta da esperti per conto della Commissione europea.

A campione è stata presa l’Italia ed altri 4 paesi d’Europa, valutando analiticamente il numero di antibiotici acquistati dagli allevatori.

E’ emerso che, sebbene le vendite di questi farmaci sia calato del 30% dal 2010, gli allevamenti italiani ne fanno – comunque –  un uso “troppo elevato”.

Il 50% degli antibiotici è destinato a polli, tacchini e suini. 

La causa di questo “esasperato abuso” viene attribuita alle strategie di vendita adottate dalle case farmaceutiche che propongo questi prodotti, i cui rischi sulla salute non sono ancora ben cihari per tutti, in modo del tutto naturale e troppo “semplicistico”, con campagne di incentivi e sconti per rendere più “appetibile” il loro acquisto.

Per contrastare l’uso indiscriminato degli antibiotici negli allevamenti sono stati messi in atto progetti pilota finalizzati a dimostrare come non vi sia un nesso logico tra l’uso degli anti-microbici e la produttività dell’azienda. 

Anche l’Associazione Nazionale Medici Veterinari ha sviluppato un software per monitorare volontariamente l’uso di antibiotici negli allevamenti nostrani.

L’ANTIBIOTICO RESISTENZA

Il problema principale legato all’abuso di antibiotici negli allevamenti è la cosiddetta “antibiotico resistenza”. Dati pubblicati sulla rivista “Igiene e Sanità Pubblica“riportano che la Salmonella già mostra forte resistenza a più antibiotici, mentre l’Escherichia coli è presente nel 73% dei tacchini, nel 56% dei polli, nel 37,9% dei maiali e nel 31,8% degli esseri umani oggetto di campionamento.

“Bisogna coinvolgere i manager delle strutture ospedaliere, i medici, i veterinari e gli allevatori. Se esiste una legge che vieta di prescrivere antibiotici agli animali se non sono malati, è chiaro che asl e veterinari devono controllare. E’ una questione di salute pubblica, il meccanismo deve partire”. L’obbligo della ricetta elettronica veterinaria, scattato a metà aprile, “potrebbe essere un valido deterrente, ma non bisogna scordare che c’è un fiorente mercato d’importazione parallelo illegale di antibiotici che viaggia su internet”. Le parole di Walter Ricciardi, ordinario di Igiene e Medicina preventiva dell’Università Cattolica di Roma.

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