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Piccoli comuni, la vera ricchezza dell’Italia (e non solo)

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“Riabitare Fiamignano – un piccolo paese e le sue pratiche virtuose”. Il convegno è stato organizzato dalla Pro loco di Fiamignano (in provincia di Rieti), davanti al sagrato della chiesa della Madonna del Poggio, durante il quale è stato presentato il libro “Manifesto per riabitare l’Italia”, un documento programmatico, scritto da studiosi e antropologi (Donzelli editore). Il comune di Fiamignano aderisce alla rete dei piccoli paesi, la Pro loco è impegnata nel costruire la “rete dei saperi”, a promuovere il territorio con il recupero di monumenti, chiese, coltivazioni locali come la biancòla (un antico grano autoctono), la lenticchia di Rascino (presidio Slowfood), libri sulle tradizioni orali e pratiche contadine. Ha moderato l’incontro Pietro Clemente (Rete dei piccoli paesi), sono intervenuti Alessandra Broccolini (La Sapienza Roma), Alessandra de Renzis (associazione “Riabitare l’Italia” e collaboratrice Gran Sasso Scienze Institute).

“I piccoli comuni devono tornare al centro della discussione politica, bisogna rileggere la società di massa con la visione dei territori, che hanno in sé le risorse per andare avanti e ristrutturarsi, ma questo non basta: serve un cambio di passo delle politiche nazionali, che partano dai territori marginalizzati”. Il primo a porre l’accento sulle aree interne, con la necessità di una strategia nazionale, è stato Fabrizio Barca. Nel 2018 è stato pubblicato il volume “Riabitare l’Italia” (ed. Donzelli) con l’idea di spostare l’asse della tradizionale centralità del punto di visa metropolitano, cambiando il punto di osservazione, ponendo al centro le fasce di popolazione e territori coinvolti in un processo di sofferenza demografica.

Successivamente si è costituita l’associazione “Riabitare l’Italia” (presidente Carmine donzelli, direzione Sabrina Lucatelli), per dare continuità al progetto, dal quale è scaturito un vero e proprio Manifesto, che apre il libro: “Manifesto per riabitare l’Italia”, a cura di Domenico Cersosimo e Carmine Donzelli, che riunisce temi e filoni di ricerca del gruppo di lavoro. Il testo del Manifesto è stato sottoposto al vaglio di studiosi ed esperti: Tomaso Montanari (storico dell’arte), Gabriele Pasqui (territorialista), Rocco Sciarrone (sociologo), Nadia Urbinati (politologa) e Gianfranco Viesti (economista), i cui commenti sono riportati nella seconda parte del libro, seguiti da un dizionario con 28 parole chiave tematiche ampiamente analizzate: Abbandoni, Accessibilità, Acqua, Boschi, Cambiamento climatico, Capitale quotidiano, Comunità, Confini (questo tema è trattato da Fabrizio Barca), Cooperazione, Cura, Disuguaglianze, Fragilità territoriali, Immaginazione, Innovatori, Luoghi, Mappe, Margine, Migranti, Montagna, Paese, Patrimonio, Persone, Politiche, Resilienza, Rigenerazione, Risorse, Scuola, Terra.

I centri metropolitani, a cui si è stata attribuita una funzione direzionale, non legittimano più il loro ruolo trainante dell’intero sistema economico, delle relazioni sociali, dei valori simbolici, come sta dimostrando drammaticamente la pandemia Covid-19 che ha colpito proprio il cuore produttivo e sociale del Paese, evidenziando in campo sanitario, ma non solo, quanto insufficiente sia la capacità del “centro” di reagire agli shock esogeni, rompendo un sistema che sembrava consolidato: quello della direzionalità. I grandi agglomerati urbani producono benefici solo per i ceti più ricchi che li abitano e non riescono a produrre vantaggi e opportunità fuori dai propri confini, sia interni che esterni, aumentando la forbice delle disuguaglianze, in cui chi non rientra nel “cerchio” si sente sempre più marginalizzato e disconnesso.

Tutta la dorsale appenninica è in sofferenza, porta su di sé tra inconsapevolezza e indifferenza, il peso dello spopolamento, con riduzione dei servizi, invecchiamento della popolazione e quindi fragilità del suolo, squilibri climatici, scompensi eco-sistemici: è da questi luoghi che bisogna ripartire, per un’Italia in grado di generare nuove economie, che puntino sull’utilizzo sostenibile ed equilibrato delle risorse rinnovabili, facendo affidamento sulla circolarità della produzione, creando lavoro e benessere attraverso la rigenerazione di beni ambientali e saperi su cui si fondano. Non si può più essere territorialmente autorappresentativi.

“Per capire l’Italia di oggi c’è dunque bisogno di invertire lo sguardo. C’è bisogno di decostruire le immagini stereotipate che distorcono senso comune, consapevolezze collettive, programmi di studio e di ricerca, dibattito pubblico, scelte politiche… Si deve tornare a guardare da vicino… Per troppi anni le politiche pubbliche sono state disattente ai luoghi, ai bisogni, alle risorse e ai soggetti di queste Italie fragili… Per troppi anni le politiche sono state indirizzate a compensare gli svantaggi, più che a combatterli e superarli”.

C’è una ricchezza dimenticata in questo Paese e allora buona lettura.

Francesca Sammarco

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