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CORONAVIRUS. DISINFETTARE GLI AMBIENTI ESTERNI È UTILE?

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In molte città si stanno effettuando sanificazioni delle strade per contrastare l’insidiosa diffusione del coronavirus.

Ma è veramente utile questa pratica?

Abbiamo trovato un interessante articolo che vi riproponiamo per intero.

Disinfettare. Disinfettare ovunque, anche all’aperto – strade, marciapiedi, parchi gioco, alberi. Tutto per mettere un freno ai contagi da nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Lo hanno fatto in Cina, in Corea del Sud e adesso questa ulteriore misura di contenimento e mitigazione sta partendo anche in Italia. Eppure non si sa quanto spruzzare candeggina negli ambienti esterni possa in effetti essere utile. Gli esperti nutrono dei dubbi, e insistono –piuttosto – sul bisogno di limitare i contatti e quindi la trasmissione da persona a persona.

Come si trasmette il virus?

Il virus non ha le gambe. Siamo noi le sue gambe. Per questo è così importante rimanere a casa il più possibile e uscire solo per le necessità, evitando comunque i contatti con altre persone. È questo che ripete da giorni la comunità scientifica anche qui in Italia. Il modo attraverso cui il virus viaggia sono le goccioline che vengono emesse respirando, starnutendo, tossendo. Stando vicini a una persona infetta, respirando queste goccioline, il rischio di contrarre a propria volta l’infezione è maggiore. Più raro ma possibile è il contagio per aver toccato qualcosa di infetto. Per questo vige la raccomandazione di evitare di toccarsi la faccia (bocca, naso, occhi) e di lavarsi spesso le mani con il sapone e/o disinfettanti a base di alcool o candeggina per almeno 20-40 secondi.

Quanto sopravvive il virus sulle superfici?

Non si sa con certezza. Gli studi sulla sopravvivenza del nuovo coronavirus sulle superfici sono ancora in corso. Ci sono però delle informazioni che derivano dalle ricerche fatte per altri coronavirus, in particolare Sars-Cov, responsabile della Sindrome respiratoria acuta grave (Sars), che condivide con Sars-Cov-2 oltre il 90% del genoma. Sars-Cov persiste fino a 9 giorni su superfici non porose come l’acciaio inossidabile e la plastica. Uno studio preliminare su Sars-Cov-2, disponibile in preprint su medRxiv, invece indica una persistenza di 2-3 giorni.

Alla luce di ciò, il buonsenso vuole che anche in questa emergenza l’attenzione all’igiene delle superfici sia superiore, specialmente negli spazi di condivisione e quelli dove la probabilità di venire a contatto con il virus è più alta – ospedali, mezzi pubblici, uffici, ascensori, bagni pubblici (un recentissimo studio pubblicato sula rivista Jama ha dimostrato che Sars-Cov-2 è presente anche nelle feci degli infetti, concludendo il contagio delle superfici può avvenire anche da persone che non si lavano bene le mani dopo essere state in bagno), palestre (vale in generale, in Italia ormai sono chiuse), etc.

I comuni disinfettanti domestici sono comunque sufficienti allo scopo: saponi e soluzioni di candeggina diluita danneggiano il guscio protettivo dell’rna virale neutralizzandolo.

Vale anche per le superfici all’aperto?

Premessa l’incertezza di base, gli esperti ritengono che la persistenza del virus in spazi aperti potrebbe subire delle variazioni. Un fattore che fa la differenza è la luce solare, perché i raggi Uv sono sterilizzanti.

La perplessità degli scienziati sull’utilità delle disinfezioni all’aperto – che prevedono furgoni che spruzzano di sostanze chimiche le strade e personale armato di lance per raggiungere marciapiedi, semafori, corrimano, alberi – sta anche nel tipo di prodotti che vengono usati. A Shanghai e in Corea del Sud sembra si siano usate soluzioni diluite di candeggina. Non si sa, infatti, quanto la candeggina sia davvero efficace sui coronavirus, ma si sa invece che irrita le mucose e che alcune categorie professionali che fanno spesso ricorso a disinfettanti di questo genere (come gli infermieri) sono più a rischio di sviluppare malattie respiratorie croniche come la Bpco o l’asma.

Senza dimenticare l’inquinamento ambientale che si produce, a fronte di vantaggi sanitari minimi.

In fondo, ha ironizzato a Science Magazine Juan Leon dell’università di Emory, “nessuno va in giro a leccare i marciapiedi o gli alberi”.

(fonte: galileo.net)

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